L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica, di eziologia sconosciuta, a patogenesi autoimmune, dominata da un processo di sinovite cronica prevalentemente a carico delle piccole e delle grandi articolazioni diartrodali, ad impronta destruente, spesso associata con la positività del fattore reumatoide e degli anticorpi anti-citrullina. L’elevato grado di variabilità inter-individuale nelle diverse espressioni della malattia, nell’evolutività e nella prognosi giustifica l’impiego di numerose variabili cliniche, radiologiche e di laboratorio per l’inquadramento e la valutazione del paziente. L’adozione degli indici compositi di attività e del patient-repèorted outcomes (PROs) riveste un’importanza strategica nel definire lo stato di attività di malattia o di remissione e nel predirne l’evoluzione prognostica.
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La valutazione dell’attività di malattia e della remissione è uno dei compiti ineludibili che il reumatologo deve assolvere, sia nella gestione routinaria del paziente, che per fini di ricerca, allo scopo di assicurare una modulazione della strategia terapeutica adattata all’andamento del processo infiammatorio. Allo stato attuale si ritiene che l’attività di malattia debba essere valutata ad intervalli almeno trimestrali (tight-control). Appare, quindi, indispensabile che al di là delle valutazioni comunemente condotte in corso di trials clinici, il reumatologo disponga, nella sua pratica clinica, di strumenti semplici, di facile computazione, adatti a tale scopo.
Nel corso degli anni sono mutate le procedure di standardizzazione di tali misure cliniche, ma sostanzialmente è stata confermata la validità dei criteri identificati. In tale contesto, la valutazione articolare resta uno degli elementi di maggiore rilevanza nella misura dell’attività dell’artrite reumatoide. L’introduzione degli indici compositi di valutazione dell’attività di malattia hanno consentito di superare i limiti intrinseci degli indici dicotomici. La loro applicazione nel contesto di trials clinici e di studi osservazionali ne ha confermato le proprietà psicometriche. L’acquisizione di un numero sempre crescente di informazioni, attraverso l’integrazione dei dati clinici con dati “paziente-centrati” ha, inoltre, favorito una conoscenza più approfondita dello stato di attività della malattia e più in generale delle condizioni di salute del paziente con artrite reumatoide. La partecipazione attiva del paziente alle decisioni relative alla propria salute assume un ruolo significativo all’interno di un concetto molto più ampio di salute, fondato non solo su risultati clinici ma anche su valutazioni “paziente-centrate”, ponendo al centro della discussione il miglioramento della “qualità della cura della persona”. Nell’ambito della pratica clinica quotidiana, ma anche nella ricerca, l’impiego dei sistemi di valutazione soggettiva dell’esito (PROs), oramai largamente diffuso e condiviso in reumatologia, ha reso disponibile una pluralità di tali strumenti di rapido e facile utilizzo, il cui impiego ha apportato un concreto contributo nella pratica clinica e nello snellimento del processo di “decision making”.
La remissione è un traguardo che può essere raggiunto e quindi deve essere sempre tenuto presente come primo goal. Nel corso degli anni sono stati proposti numerosi set di criteri volti a misurare la remissione della malattia, senza, peraltro, raggiungere un unanime consenso. Lo stato di remissione viene, comunque, stabilito sulla base di criteri clinici e laboratoristici, che definiscono l’assenza completa di attività di malattia. La proporzione di pazienti definiti in “remissione” varia, pertanto, sensibilmente in rapporto ai diversi criteri utilizzati.
Ad oggi le pretese nel campo del l’artrite reumatoide possono spingersi oltre, nel ricercare, ad esempio, l’ottenimento di una “drug free remission” (remissione in assenza di terapia, con l’opportunità di sospendere il farmaco biologico 3,4, specie se introdotto in fase precoce ) o di una “holiday therapy” (periodo di sospensione delle terapie), e, ancora, possiamo puntare al “comprehensive disease control” in cui, non soltanto perseguiamo la remissione clinica e laboratoristica ma otteniamo anche quella radiografica, con l’arresto, documentato all’imaging, della progressione del danno strutturale che ormai sappiamo potersi perpetuare nonostante un’apparente quiescenza della patologia. Per far questo è necessario essere ancor più scrupolosi nel monitoraggio del paziente, in quanto minime oscillazioni del rapporto rischio/beneficio di ogni scelta possono essere determinanti e vanno colte quanto prima per evitare un over-treatment o, al contrario, un mancato controllo ottimale della malattia oppure, ipotesi ancora peggiore, una riattivazione.
Il monitoraggio dell’attività di malattia e dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane con artrite reumatoide. La conservazione in formato digitale permette un’archiviazione di una sempre maggiore quantità di dati e informazioni: nei data base sanitari possono essere custoditi i parametri del nostro stato di salute (come ad esempio il grado di attività di malattia, il dolore, la fatica, ecc), così come la nostra storia clinica (referti diagnostici, analisi di laboratorio, comorbidità). L’applicazione dell’intelligenza artificiale a questa enorme mole di dati (Big Data) consente di elaborare, attraverso sofisticati algoritmi, informazioni sempre più accurate e dettagliate. E questo processo è parte integrante di un processo di cura in cui il medico continua tuttavia a giocare un ruolo fondamentale. Questa rivoluzione potrà portare ad una notevole riduzione dei costi della sanità in quanto si ridurranno notevolmente gli acuti, si eviterà lo sviluppo di molte patologie croniche, sarà possibile la teleassistenza e la telemedicina